Da qualche anno sto sperimentando un albero sintattico senza etichette (ricorda lo stemma di Tesnière) , non binario, nel quale le linee di connessione esplicitano il tipo di rapporto di dipendenza (argomento, aggiunto, argomento opzionale ecc.). L’elemento che sta più in alto, ovviamente, è quello che regge, l’elemento più basso , invece, è quello dipendente.
Ne presento qui un esempio. La frase analizzata è Ieri ho saputo che Francesco, il nipote di Angela, è il nuovo fidanzato di Carla.
Il verbo principale, ha saputo (non distinguo, per semplicità, l’ausiliare dal participio), è posto al di sopra di tutti gli altri elementi e non dipende da alcun elemento: ciò rappresenta, appunto, la sua natura di verbo indipendente.
Per i ragazzi di I Bsa ricordo, via via, anche i criteri dell’analisi: il verbo principale si riconosce perché non è contenuto in alcun aggiunto né in alcun argomento. Il verbo, in generale, si riconosce perché può esprimere il tempo (ho saputo…/saprò/so… anche se in questo caso l’avverbio ieri crea un vincolo, ma, se lo omettiamo o lo adeguiamo, il cambiamento del tempo del verbo è perfettamente accettabile).
Tornando all’albero, dal verbo principale dipendono tre elementi: il soggetto implicito, l’avverbio ieri e la subordinata introdotta da che. Di questi tre elementi, solo due sono argomenti richiesti dalla struttura argomentale di sapere (in questo caso col significato di ‘venire a sapere, venire a conoscenza’): il soggetto (un esperiente) e la subordinata introdotta da che (il ruolo tematico è di evento/proposizione). Ieri, invece, è un aggiunto. Come si fa a capire da quale elemento dipende un aggiunto? Innanzitutto, ogni categoria di aggiunti può legarsi a certe altre categorie reggenti, in modo fisso, prevedibile. Nel caso degli avverbi, la categoria reggente è quella dei verbi. Nella frase in esame, allora, bisogna scegliere se legare l’avverbio a ho saputo o a è. Il criterio più semplice da usare, a questo punto, è quello semantico: l’avverbio dà informazioni aggiuntive circa l’azione espressa dal verbo da cui dipende. Ecco il test: cosa è avvenuto ieri? il fatto di venire a conoscenza di qualcosa (sapere) o il fatto che Francesco è il fidanzato di Carla? Chiaramente è il fatto di venire a conoscenza di un fatto nuovo. Dunque, ieri dipende da ho saputo.
Osserviamo l’albero.
L’argomento soggetto è legato al verbo da una linea di connessione contrassegnata da una esse;
l’aggiunto è collegato tramite una linea di connessione contrassegnata da un cerchio;
il che, infine, è collegato mediante una linea contrassegnata da un semicerchio, che indica che la subordinata introdotta da che è un argomento opzionale (per questi concetti, v. post precedenti).
Passiamo adesso alla subordinata introdotta da che. Che è un complementatore (=congiunzione subordinante), è monovalente e richiede di essere seguito da una frase di modo finito. Più precisamente, deve reggere un verbo di modo finito. Si tratta, in questo caso, di è. La linea di connessione è priva di contrassegni. Tale tipo di linea indica che l’elemento connesso in basso è argomento (non opzionale) di quello connesso in alto: è è, cioè, l’argomento di che (in realtà è è la testa dell’argomento, che, per intero, è Francesco il nipote di Angela è il nuovo fidanzato di Carla).
Osserviamo più da vicino, adesso, il nodo è. Si tratta di un verbo dipendente (perché dipende da che, ovvero perché è contenuto in un argomento di ho saputo, quello, appunto, che inizia con che). è, a sua volta, è un verbo che richiede un soggetto e un nome del predicato. Il soggetto è Francesco (connessione con contrassegno S). Da Francesco, poi, dipendono due espressioni (sintagmi) nominali che fanno riferimento alla stessa entità: il nipote di Angela e il nuovo fidanzato di Carla. Infatti, Francesco, il nipote di Angela e il nuovo fidanzato di Carla sono tutti e tre la stessa persona. Questo tipo di relazione è espresso da una linea di connessione contrassegnata da una X. L’elemento connesso in basso di una connessione contrassegnata da una X è una apposizione o un nome del predicato o un complemento predicativo (si tratta sempre di una descrizione alternativa, integrativa, della stessa entità, Francesco). Ciò che differenzia l’apposizione dal nome del predicato/complemento predicativo è il fatto che l’apposizione indica una informazione già nota al destinatario del messaggio, mentre il nome del predicato/complemento predicativo indica una informazione nuova (o che il mittente considera, crede nuova).
Nel nostro caso, il nipote di Angela (informazione già nota) è apposizione, mentre il nuovo fidanzato di Carla è nome del predicato (informazione nuova). Il nome del predicato viene identificato, nell’albero, dalla connessione PRED che parte dalla copula è e raggiunge, appunto, il nuovo fidanzato di Carla.
Infine, uno sguardo alla struttura interna della apposizione e del nome del predicato.
L’articolo il è monovalente e richiede un argomento obbligatorio che sia un nome comune (in un caso nipote e nell’altro fidanzato). La maggior parte dei nomi comuni richiede un argomento opzionale sostituibile con un possessivo: si tratta del soggetto del sostantivo (v. teoria di G. Cinque, post precedenti). Nella nostra frase si tratta di di Angela e di di Carla, connessi, infatti, rispettivamente, a nipote e fidanzato, mediante una linea di connessione contrassegnata dalla S. Come per i soggetti verbali, anche i soggetti/possessivi sono, in italiano, sempre opzionali. La preposizione di è monovalente e richiede come proprio argomento un nome determinato (un nome proprio, in questo caso Angela/Carla, o un pronome, o un articolo; e, in quest’ultimo caso, la preposizione si fonderebbe all’articolo dando vita ad una preposizione articolata). L’aggettivo nuovo, infine, è un attributo di fidanzato: la connessione dell’attributo è rappresentata dalla linea di connessione tripla.