Nel post precedente, abbiamo cercato possibili correlazioni tra alcuni dati linguistici.
La correlazione è presente tra l’accordo soggetto-participio/aggettivo e la presenza del verbo ‘essere’: ogni volta che il verbo è ‘essere’, il participio concorda col soggetto, comportandosi in modo simile ad un aggettivo. Si noti, a questo punto, che esibiscono lo stesso comportamento il participio passato del verbo transitivo al passivo (ammirata) e quello del verbo non transitivo (arrivata): ciò che conta è la sola presenza del verbo ‘essere’, come si diceva.
Una teoria, un modello che mira a riprodurre il funzionamento della lingua dovrebbe riprodurre tale correlazione. Ad es., si potrebbe ipotizzare che i tratti responsabili della combinazione di aggettivi, participi di verbi passivi e di verbi inaccusativi (sono quelli non transitivi che selezionano l’ausiliare ‘essere’), debbano avere qualcosa in comune. Inoltre, il verbo ‘essere’ dovrebbe possedere tratti che ne legittimo la connessione con strutture nome-aggettivo/nome-participio che concordano fra loro.
In grammatica generativa, una simile connessione tra nome e aggettivo è considerata una Frase Ridotta (FR): una predicazione nominale costituita da un soggetto e da un predicato non verbale giustapposti all’interno di un costituente. I verbi copulativi (‘essere’, ‘diventare’, ‘sembrare’) e altri come ‘considerare’, sono in grado di selezionare come proprio complemento, secondo questa teoria, una frase ridotta: il soggetto, per ragioni che non posso spiegare qui, deve spostarsi a sinistra del verbo perché si ottenga l’ordine definitivo: è Giovanni intelligente -> Giovanni è t intelligente (Giovanni intelligente è una FR, t indica la posizione originaria del soggetto). Con verbi come considerare, il movimento non è necessario né consentito: Maria considera Giovanni intelligente.
Cosa potrebbe essere correlato al movimento del soggetto nei due esempi (quello col verbo ‘essere’ e quello col verbo ‘considerare’). In altre parole, da cosa potrebbe dipendere il movimento del soggetto verso l’esterno della FR?
Lasciamo in sospeso questa nuova correlazione (su cui torneremo nel prossimo post) e torniamo alla prima questione.
I tratti che accomunano aggettivi e participi che concordano col soggetto sono, molto ragionevolmente, dei tratti di genere e numero. Il genere e il numero sono tratti inerenti dei nomi, ma tratti non valutati negli aggettivi/participi: questi ultimi assumono, nell’italiano moderno, il genere e il numero dei nomi cui si legano, segnalando, in questo modo, proprio tale legame (in altre parole: in italiano gli aggettivi e i participi hanno genere e numero perché in tal modo è possibile capire a quali nomi essi si riferiscano; in inglese l’accordo non c’è, ma la stessa informazione è ottenuta osservando la posizione dell’aggettivo).
Gianluca Tinnirello mi fa notare che, se gli unici tratti che descrivono gli aggettivi fossero davvero il genere e il numero, allora la combinazione nome-aggettivo dovrebbe costituire una frase benformata, il che non è vero: *ragazza amata. Perché la frase sia benformata, è necessaria la presenza di un aggettivo e di un verbo. La classe, allora, ricorda/propone che perché una frase sia benformata è necessario che sia presente un verbo. Federico Carpintieri trova subito un controesempio: le frasi nominali (notate da poco in Manzoni) e quelle con interiezione…